I metodi numerici o grafici di calcolo hanno per scopo la
messa a punto di tecniche che consentano la risoluzione di problemi
analiticamente assai complessi (e quindi non risolubili in forma esatta) oppure
una risoluzione molto più agevole di quella esatta o una risoluzione
più adatta per i calcoli ad esempio con le macchine elettroniche. La
ragione della loro esistenza - e la giustificazione del grandissimo lavoro
compiuto in questo campo da illustri matematici dall'antichità fino ai
nostri giorni - deriva immediatamente dal fatto che la matematica - scienza
teorica per eccellenza - è un insostituibile strumento pratico di lavoro
in tutti i campi, dalla fisica all'ingegneria alla medicina, ecc. In tutti i
problemi pratici che possono essere tradotti in forma matematica, cioè
sotto forma di una o più equazioni di vario tipo, non interessa
però il valore esatto delle incognite bensì un valore approssimato
più o meno vicino al valore reale secondo i casi. Così il rapporto
fra la lunghezza di una circonferenza ed il suo diametro è espresso per i
matematici dalla quantità π, che
però in pratica si traduce nel valore 3,14 ovvero 3,141 ovvero
3,141592654... e così via secondo le diverse esigenze del problema,
cioè secondo la precisione richiesta dal particolare calcolo in
questione. Nasce però l'esigenza di sapere di quanto si sbaglia
nell'usare un certo valore che approssima solo in una certa misura quello reale.
Detto a il valore reale ed a* quello approssimato, l'errore E è dato
dalla formula:

Si definisce anche un errore
relativo
Er secondo la
formula:

La
teoria degli errori
permette poi di stabilire quanto i singoli errori influenzino il risultato
finale delle calcolazioni. Viceversa, nota la precisione con la quale si vuole
avere un certo risultato (cioè l'errore massimo ammesso su di esso) la
teoria degli errori insegna fino a che punto devono essere approssimate le
singole calcolazioni. Quasi tutti i matematici più illustri portarono il
loro contributo - in varia misura - al
c.n. e g.: da Eulero a G. Galilei
a Gauss, a Cauchy a Borel. Nei nostri giorni poi il lavoro fatto in questo campo
è forse maggiore di quello fatto negli altri campi della matematica in
quanto i nuovi strumenti di calcolo e in particolare i calcolatori (elettronici)
numerici (V.) sono in grado di svolgere i
calcoli solo basandosi su metodi numerici. Di conseguenza anche certe operazioni
relativamente semplici (come il calcolo di una radice quadrata) devono essere
risolte con metodi numerici. Così la radice quadrata di 4 calcolata con
un calcolo non sarà 2 bensì 1,9999999... approssimata quasi fin
che si vuole, ma non mai esatta. In questo caso si parla di un
errore di
troncatura; il calcolo della radice è infatti effettuato per serie,
tenendo conto di un numero di termini più o meno grande secondo la
precisione voluta, ma non mai degli infiniti termini della serie (altrimenti il
calcolo non terminerebbe più). Nel caso sopra citato del valore
π approssimato con 3,14 si commette un
errore
di arrotondamento in quanto rappresentiamo con due cifre decimali un numero
trascendente, che ne richiederebbe infinite. Lo stesso tipo di errore si
commette quando si scrive ad esempio 10:3 = 3,33 oppure 29/4 = 7,2
(anziché 7,25). Gli
errori ereditati sono quelli presentati ad un
certo stadio delle calcolazioni ma dovuti ad approssimazioni fatte in
precedenza. Evidentemente nel
c.n. e g. si presume che non esistano
errori materiali, dovuti ad uno sbaglio della persona o macchina che esegue i
calcoli, in quanto questi - almeno in linea di principio - sono evitabili.
Naturalmente questo richiede uno svolgimento attento dei calcoli ed un frequente
controllo degli stessi (ad esempio sui risultati intermedi). Esistono dei
sistemi di numerazione diversi dal decimale (usati in certi calcolatori
elettronici numerici) che permettono un rapido e continuo controllo
dell'esattezza (formale) dei risultati e che evitano quindi che i risultati
stessi possano essere inquinati da errori di questo genere. Per dare l'idea di
come si usino dei metodi numerici, si immagini di voler calcolare la radice
quadrata di un numero, ad esempio 20, con l'uso di una comune calcolatrice
(V.) in grado di fare solo le quattro operazioni
elementari. Si comincia con il dire che il valore cercato è compreso fra
4 e 5 dato che 4
2 = 16 (minore di 20) e 5
2 = 25 (maggiore
di 20). Il nostro valore sarà quindi 4,.... Si può ora cominciare
ad esaminare 4,1
2 4,2
2, ecc. fino a trovare un valore
maggiore di 20. In questo caso si trova 4,4
2 = 19,36 mentre
4,5
2 = 20,25; il numero cercato è quindi 4,4..... Così
proseguendo si vede ancora che 20 è compreso fra 4,47
2 e
4,48
2; pertanto la radice cercata sarà, 4,47..... Si
può proseguire in questo modo per successive approssimazioni
finché si vuole (salvo che aumenta la complessità dei calcoli)
fino ad ottenere il numero di decimali voluto; l'errore che si commette dipende
appunto da tale numero di decimali, ed è un errore di troncatura.
Naturalmente esistono dei metodi che permettono di ridurre il numero dei
tentativi, ma le cose concettualmente non cambiano. Esistono dei calcolatori
elettronici che calcolano le radici proprio in questo modo. Esaminiamo ora un
altro caso semplice, ma che si presenta molte volte in pratica: la ricerca delle
radici (o zeri) di un polinomio in una variabile cioè la ricerca dei
valori della variabile x per cui il polinomio f(x) assume valore zero. La cosa
è abbastanza semplice se il polinomio è di grado non superiore al
terzo; in caso contrario i calcoli sono complessi e non sempre possibili. Si
può allora procedere convenientemente per via grafica. Si riporta in un
piano (ad esempio su un foglio di carta millimetrata) la funzione y = f(x) come
è abitudine nella geometria analitica. Si può procedere ad esempio
per punti. Si trovano così un certo numero di punti in cui la funzione
attraversa l'asse delle ascisse; si leggono sul foglio i valori
x'
1, x'
2 .... di
prima approssimazione degli zeri del polinomio. Si costruiscono poi degli altri
grafici, espandendo la scala delle x, cioè riportando solo un intorno di
x'
1, x'
2.... ecc. Si
ricavano così dei valori
x''
1,
x''
2, ... di seconda approssimazione delle radici. Si
può procedere in questo modo fino alla precisione necessaria per il
problema in esame. Si può anche procedere in un modo simile a quello
fatto per la radice. Si individuano dal primo grafico approssimato due valori
contigui ed abbastanza vicini ad uno zero: siano ad esempio 4,5 e 4,6 prossimi
alla radice x
1. Dalla continuità della funzione si sa che per
uno di questi valori essa ha un valore positivo mentre per l'altro lo ha
negativo (come si vede dal grafico). Si calcola allora la funzione dando alla x
successivamente i valori 4,51, 4,52, ecc. fino a trovare due valori contigui (ad
esempio 4,58 e 4,59) tali che la funzione è positiva per uno di essi e
negativa per l'altro. A questo punto si sa che x
1 è compreso
fra 4,58 e 4,59, cioè vale 4,58..... Si procede poi considerando i valori
4,581, 4,582, ecc. col solito metodo. Esistono però anche dei metodi
più veloci, uno dei quali è il
metodo di Newton. Da un
grafico approssimato si ricava il valore x' di prima approssimazione della
radice x
1. Il valore di seconda approssimazione x" si calcola con la
seguente formula:

dove f(x') e f'(x') sono i
valori della funzione e della sua derivata prima calcolati per x = x'. Il valore
di terza approssimazione si ricava dalla:

e così via per le
approssimazioni successive. Questo metodo è applicabile a tutte le
funzioni derivabili. Un altro metodo da usare nello stesso caso e che dà
pure dei buoni risultati è quello delle
iterazioni successive,
adottabile allorché il polinomio
f(x) può essere scritto
nella forma
x =
g(x). Sia
x' una prima grossolana
approssimazione della radice
x1, calcolata dal grafico detto o
posta "ad occhio". Il valore di seconda approssimazione
x" è dato
da:

quello di terza approssimazione
è dato da:

e così via. Si può
vedere che le successive approssimazioni si avvicinano sempre di più al
vero valore di x
1. Generalmente si interrompono le approssimazioni
dopo m tentativi, allorché la differenza fra il risultato dell'
m-
esima e quello dell'(
m - 1)-esima non è più significativo
per il problema in esame. Un altro metodo è quello della
posizione
falsa o
regula falsi, che approssima la funzione nell'intorno dello
zero con una corda. Se a e
b sono due valori di
x che giacciono da
parti opposte rispetto alla radice x
1 (e abbastanza vicini ad essa),
scelti ad esempio con un grafico grossolano, il valore di prima approssimazione
della radice è dato dalla formula:

Si calcola poi una seconda
approssimazione, assumendo il valore x' al posto di
a o
b secondo
che la radice sia nell'intervallo (
x', b) o (
a, x'). Ad esempio il
polinomio

ammette una radice vicino ad
x = 1, e precisamente nell'intervallo (0,5; 1). Con la formula vista,
posto
a = 0,5 e
b = 1 si ha f(1) = 1 e f(0,5) = -0,375
onde:

In questo caso
f(0,64) =
-0,0979 (negativo) e quindi nel prossimo tentativo i due valori che si
assumeranno come estremi dell'intervallo nel quale si trova la radice saranno
a' = 0,64 e
b = 1. Questo metodo richiede rispetto ai precedenti
dei calcoli più pesanti, ma la
convergenza (cioè
l'avvicinarsi del valore approssimato a quello reale) è più
rapida. Naturalmente esistono dei metodi più complessi o adatti alla
risoluzione di equazioni, sui quali non insistiamo. Occorre però
ricordare che non è possibile dare delle regole generali su quando si
deve applicare un metodo e quando un altro per ottenere la migliore
approssimazione con la minor mole di calcoli: solo l'esperienza può
indicare a priori ad un esperto in
c.n. e g. quale è la via
più conveniente per il singolo caso. ║
Integrazione
approssimata: è uno dei capitoli base del
c.n. e g. Sovente
nella tecnica (soprattutto nell'ingegneria e nella fisica) capita di dover
valutare degli integrali del tipo:

la cui risoluzione è
molto difficile (o addirittura ignota) e che non si trovano quindi sulle comuni
tavole di integrali risolti. In tal caso si dovrebbe risolverli o in campo
complesso o con le serie di potenze o con l'espansione asintotica o con altri
metodi poco accessibili. D'altronde spesso è richiesta solo una
valutazione approssimata (con errore dello 0,1 per cento o addirittura dell'1%)
e quindi non è giustificata una tale mole di calcolo. Si ricorre in
questo caso ad uno dei metodi che descriveremo. Il più semplice di questi
consiste nel disegnare la funzione in scala opportuna su un foglio di carta
millimetrata e di contare i quadretti compresi fra la curva che rappresenta la
funzione, l'asse delle ascisse e le verticali a quest'asse passanti per i limiti
d'integrazione (i metodi numerici e grafici valgono in generale solo per
integrali definiti). Il numero di quadretti vale circa il valore dell'integrale,
nella scala prodotto della scala usata per le ascisse per quella usata per le
ordinate. Risultati molto più accurati si ottengono con un apposito
strumento, il
planimetro o
integrafo, costruito appunto per
misurare l'area delle figure piane. Un metodo grafico molto in uso (nella
statica grafica, nella scienza delle costruzioni e in costruzioni di macchine)
consiste nel suddividere il campo di integrazione in tanti intervalli; l'area di
ognuno dei trapezoidi delimitati dagli estremi degli intervalli, l'asse delle
ascisse e la funzione è approssimata con un rettangolo di altezza
opportuna (scelta ad occhio). La costruzione è interamente grafica e
richiede l'uso della sola riga. Consideriamo ora alcuni semplici metodi di
integrazione numerica. Si voglia eseguire il generico
integrale

fra gli estremi dell'intervallo
(
a, b). Un primo metodo consiste nel suddividere l'intervallo
b -
a in
n parti uguali di lunghezza
Δ x = (
b - a)/n. Siano x
1,
x
2, x
3,.....
xn i punti medi degli
n
intervalli. Si può allora scrivere
che:

L'approssimazione è tanto
migliore quanto più grande è
n; questo metodo si chiama
regola dei rettangoli in quanto si sostituiscono agli
n trapezoidi
in cui è stata suddivisa l'area da integrare altrettanti rettangoli. Con
un altro metodo - detto
regola dei trapezi - si opera la stessa
suddivisione, ma si sostituiscono ai trapezoidi altrettanti trapezi. In tal caso
l'espressione analitica è però diversa. Diremo in questo caso
x1,
x2,..... x
n-1,
b
codeste suddivisioni; gli intervalli saranno ancora
n e la loro lunghezza
sarà ancora Δ
x. Varrà allora l'uguaglianza
approssimata:

Questo metodo è un poco
più laborioso del precedente, ma dà un'approssimazione migliore.
Un'approssimazione ancora migliore si ottiene applicando la
regola di
Simpson. L'intervallo d'integrazione viene suddiviso in un numero qualsiasi
di sottointervalli; sia ad esempio 2
n questo numero (che deve essere
pari). La loro lunghezza sarà evidentemente
Δ
x =
(
b - a)/
2n. Gli intervalli saranno delimitati dai punti
x0 (≡
a), x
1,
x
2,..... x
2n (≡
b).
Su ognuno dei sottointervalli la funzione è approssimata con un arco di
parabola passante per i due punti di intersezione della curva con le verticali
per gli estremi dell'intervallo. In questo caso ai
2n trapezoidi
qualsiasi se ne sostituiscono altrettanti aventi il lato curvo parabolico.
Analiticamente il calcolo viene svolto con la seguente
formula:

Scrivendo la stessa formula
nella forma:

dove
Es
è l'errore dell'approssimazione, si può mostrare che
Es soddisfa alla seguente
disuguaglianza:

essendo
M4 ed
M'4 rispettivamente il minimo ed il massimo valore della
derivata quarta di
f(x) sull'intervallo (
a, b). D'altra parte il
parametro C vale:

Si può quindi vedere che
la regola di Simpson dà dei risultati esatti per polinomi fino al terzo
grado; per quelli di grado superiore l'approssimazione è molto buona.
Senza dubbio è uno dei metodi più convenienti. Qualora si volesse
una migliore approssimazione si può ricorrere alla
regola di
Weddle che approssima ognuno dei tratti di funzione nei sottointervalli con
un polinomio di sesto grado. In questo caso si suddivide l'intervallo in
n/6 parti uguali (essendo
n un numero intero multiplo di 6) lunghe
6
h, con
h = circa (
b -a)/
n. Con le solite notazioni
per i punti di divisione si ha l'espressione
analitica:

Si noti che i coefficienti delle
f(
xj) si succedono nell'ordine 1, 5, 1, 6, 1, 5, 2, 5,
1, 6, 1, 5, 2, 5,..... Tralasciamo le formule per integrali doppi o tripli, data
la loro complessità; si trovano comunque sui testi specializzati. ║
Derivazione approssimata: oltre ad essere più complessa
dell'integrazione approssimata, questa operazione è generalmente causa di
errori molto maggiori, onde, in linea di massima, va evitata il più
possibile. D'altronde il calcolo della funzione derivata di una funzione data
non offre che assai di rado delle difficoltà insormontabili. Si ricorre
abbastanza spesso nella tecnica alla derivazione grafica di una certa funzione
allorché se ne ha la rappresentazione geometrica ma non se ne conosce
l'espressione analitica. Questa operazione si compie con una serie di operazioni
che sono esattamente l'inverso del processo usato per l'integrazione grafica di
cui si è detto sopra: ciò rispecchia il fatto che integrazione e
derivazione sono operazioni inverse. ║
Integrazione approssimata di
equazioni differenziali. La risoluzione esatta di un'equazione differenziale
non è sempre possibile o agevole anche per quelle di primo ordine (non
lineari). I metodi numerici e grafici sono quindi largamente impiegati. Vediamo
qui di seguito alcuni metodi per l'equazione del primo ordine. ║
Metodo
iterativo di Picard: sia assegnata l'equazione
differenziale

con la condizione iniziale
y(
x0) =
y0. La sua integrazione
porterebbe alla formula:

(avendo indicato con t la variabile di
integrazione) come è facile verificare. L'integrale di prima
approssimazione
y1(
x) si calcola sostituendo alla
y la prima rozza approssimazione:

Si calcola
quindi:

Nello stesso modo si calcola la
seconda approssimazione
y2(
x) assumendo
y =
y1(
x), e
cioè:

All'ennesimo stadio
d'interazione si avrà:

Si ottiene quindi una successione di
integrali:

che approssimano sempre di
più l'integrale esatto. Questo metodo è approssimato ma non
è un vero e proprio metodo numerico, nel senso che non è ad
esempio adottabile sulle macchine da calcolo. Lo sono invece i metodi che
seguono. Essi partono tutti dal valore
y =
y0
(condizione iniziale) e procedono passo passo, approssimando la curva vera con
archi di retta e di curva opportuna (più semplice di quella cercata). Nel
metodo di Eulero-Cauchy il campo d'integrazione viene suddiviso in tratti
di lunghezza
h opportunamente piccola (ad esempio: 1 o 0,1 o 0,02, ecc.
secondo la precisione voluta) mediante i punti
x1,
x2,
xn... con
x1 =
x0 + h; x2 = x0 + 2 h; ecc. Sviluppando in
serie di Taylor si ha che:

Ma, come è noto,
y'(
x) =
f(
x, y);
y"(
x) =
f'(
x, y); ecc. La serie di Taylor diventa
quindi:

Allorché il valore di
h è sufficientemente piccolo, si possono trascurare in termini in
h²,
h3, ecc. onde possiamo
scrivere:

Si può allora procedere
per via grafica facendo uscire dal punto (
x0, y0)
una retta con pendenza data dalla
f1(
x0,
y0) fino ad intersecare la verticale passante per
x1 nel punto (
x1y1) essendo
y1 =
y(x) per
x =
x1. Da
questo punto si farà uscire una seconda retta avente inclinazione pari
alla
f(
x, y), cioè alla
y'(
x) in quel punto e
così via. Ciò equivale a muoversi sulla tangente anziché
sulla curva, ma gli errori si sommano ad ogni passo. Analiticamente, usando i
simboli noti, si può scrivere:

indi

e
genericamente:

Data la derivazione di questo
metodo dallo sviluppo in serie visto, l'errore (di troncatura) che si commette
è nell'ordine di
h2 Per rendersi conto
dell'entità dell'errore commesso si può ripetere il calcolo usando
una suddivisione di
h/2 in
h/2 e confrontare i risultati. Un
metodo usato molto di frequente è detto
metodo di Eulero
migliorato e consiste nel seguire la tangente alla curva nel punto iniziale
di un intervallo per uno spazio
h/2; per il rimanente
h/2, si
segue invece all'incirca la tangente alla curva nel punto finale
dell'intervallino. Analiticamente si deve calcolare volta per volta la
quantità ausiliaria:

dopo di che si calcola il nuovo
valore volta per volta con la formula:

L'errore in questo caso è
dell'ordine di
h3; si tratta quindi di un metodo - come si sul
dire - del
secondo ordine. Un altro metodo ancora migliore e di uso
vastissimo è quello di
Runge-Kutta che è una versione
più sofisticata dei precedenti. Si opera la solita suddivisione, indi si
calcolano le quantità ausiliarie:




Il nuovo valore viene calcolato
con la seguente formula:

Si può dimostrare che
l'errore in questo caso è dell'ordine di
h5, onde si
tratta di un
metodo del quart'ordine. Si può anche vedere che se
f(x, y) è una funzione della sola
x ci si riduce alla
semplice regola di Simpson per l'integrazione. Naturalmente si hanno anche
metodi per la risoluzione di equazioni differenziali e di sistemi di equazioni
come anche per la risoluzione di equazioni integrali e differenziali alle
derivate parziali, ma la loro complessità non ne permette neanche un
breve cenno in questa sede. Si rimanda quindi ai testi specializzati. Nella
presente trattazione si è poi volutamente trascurata una parte
grandissima del
c.n. e g. quali tutte le costruzioni geometriche e i
metodi di interpolazione ed estrapolazione. Ciò non è
evidentemente dovuto ad una minore importanza di questi calcoli, ma al fatto che
il
c.n. e g. costituisce un ramo della matematica (e della geometria)
estremamente vasto che - seppure per molti secoli considerato poco importante -
si rivela col progresso della tecnica uno strumento formidabile quanto la stessa
analisi matematica.